Si stava meglio quando si stava peggio ai tempi di Lehman Brothers

Per un piccolo imprenditore su tre si stava meglio quando è fallita Lehman Brothers. I rubinetti del credito rimangono chiusi, e i tassi applicati alle scarse erogazioni sono sensibilmente peggiorati rispetto a tre anni fa, e non miglioreranno in futuro. È quanto emerge da un’indagine realizzata da Swg per conto di Cna, la confederazione dei piccoli artigiani e delle Pmi condotta intervistando un campione di 400 imprese con meno di 50 addetti, rappresentativo di quei di 4 milioni e 100 mila imprenditori, pari cioè al 95,3% dell’universo delle imprese italiane.

Il quadro è sconfortante perché riguarda l’esperienza quotidiana di un milione e mezzo di imprenditori, a capo del 35% delle società sotto i 50 dipendenti, che denunciano consistenti difficoltà di accesso al credito, in particolare chi lavora al Sud, chi è attivo nel settore delle costruzioni e chi aspetta il saldo delle fatture della Pubblica amministrazione con scadenza superiore ai 60 giorni.

Gli istituti di credito oggi si limitano a gestire l’esistente – basta spulciare i bilanci delle principali banche italiane alla voce “crediti verso la clientela” per capire che la dinamica è ferma dal 2010 – ma innalzano sempre di più le garanzie affinché il progetto di credito diventi bancabile. Tra luglio e ottobre (l’indagine Swg è stata condotta a ottobre) il 56% degli imprenditori ha testimoniato un irrigidimento dei criteri applicati nell’approvazione di prestiti e linee di credito. Ciò nonostante, negli ultimi anni le imprese si sono rivolte sempre di più allo sportello per avere ossigeno finanziario.

Secondo il recente rapporto Istat sul credito alle Pmi, infatti, negli ultimi tre anni (2007-2010) la percentuale delle aziende che hanno chiesto finanziamenti è salita dal 36,5 al 52,2% del totale, ma è scesa la loro percentuale di successo, dall’87,5% nel 2007 al 79,8% nel 2010. Al contempo però, come sottolinea l’Abi, l’associazione delle banche italiane, si sono accentuate anche le sofferenze complessive in rapporto agli impieghi, dal 3,8% del 2008 all’attuale 7,4 per cento. Numeri sui quali andrebbe fatta maggiore chiarezza poiché nel novero degli impieghi l’Abi non scorpora i piccoli dai grandi clienti.

Il sondaggio Swg-Cna evidenzia inoltre che gli istituti di credito non amano particolarmente gli imprenditori a stretto contatto con il settore pubblico: per il 41% di loro il merito creditorio è peggiorato. Un dato, quest’ultimo, che non è una novità ma un adagio che ha accompagnato gli imprenditori per tutto il 2011.

Sotto garanzia di anonimato per via di alcune inchieste in corso da parte della magistratura su alcune gare d’appalto forse truccate alle quali ha partecipato anche la sua società, il titolare di un’impresa umbra attiva nel settore degli allestimenti pubblicitari ha raccontato a Linkiesta la sua storia. Che risale al 2009 e inizia con 1,2 milioni di euro di fatture non saldate da parte del Comune di Roma per i lavori effettuati nell’ambito dei mondiali di nuoto, sulla gestione dei quali è stata aperta un’inchiesta da parte della magistratura. «Dopo questi sconfinamenti Unicredit mi ha chiuso l’esposizione a medio-lungo termine, rinegoziandola con un tasso del 5% a cinque anni», dice. E così le altre banche con cui lavora, da Intesa Sanpaolo al Monte dei Paschi, fino alla Banca popolare di Spoleto.

Realizzando anche installazioni museali per conto di piccoli Comuni, l’imprenditore si è trovato spesso stritolato dai paletti imposti dal Patto di Stabilità. «Un mese fa ho denunciato un Comune del viterbese, che da due anni ci deve 49mila euro per il restauro di un monastero, dicendo che non avrebbe evaso il debito prima di giugno 2012».

È il cane che si morde la coda: la Pa non rispetta i suoi obblighi, e le banche, non fidandosi l’una dell’altra, tornano a depositare presso la Bce i fondi presi a prestito da Eurotower con un tasso dell’1%, invece che allentare la stretta al credito. Paradosso sul paradosso, se la filiale sul territorio ha ricevuto l’ordine di gestire l’esistente, le garanzie dei Confidi e le controgaranzie predisposte dal ministero dello Sviluppo Economico non servono a molto. Difficile uscire dalla recessione a queste condizioni.

 

Articolo ripreso da linkiesta.it