Occorre salvare la Royal Bank of Scotland per la seconda volta

La crisi debitoria europea potrebbe avere una conseguenza alla quale il governo britannico non può che guardare con preoccupazione. Secondo alcune fonti, infatti, si potrebbe profilare la necessità di un secondo intervento pubblico per Royal Bank of Scotland.

Secondo il Financial Times è probabile che l’European Banking Authority riprenda in mano gli stress test di quest’estate. Questi ultimi avevano infatti promosso la stragrande maggioranza delle banche europee: ma fissavano il Core Tier 1 Ratio a un livello minimo del 5%, molto inferiore rispetto ai futuri requisiti di Basilea III.

E, soprattutto, non prendevano in considerazione l’esposizione degli istituti sui titoli del debito sovrano dei Paesi europei. Cosa che ha attirato pesanti critiche, visto che la principale minaccia, attualmente, è rappresentata proprio dall’eventuale default di un’economia periferica dell’Eurozona. Stando alle indiscrezioni pubblicate dal quotidiano britannico, i regolatori europei a questo punto potrebbero optare per un massiccio piano di ricapitalizzazione delle banche, che dovrebbero raggiungere una percentuale di capitale sicuro fissata fra il 6 e l’8% del totale dei loro asset. Un’operazione che potrebbe costare complessivamente circa 200 miliardi di euro.

E RBS (insieme a Commerzbank, Deutsche Bank, Société Générale e Unicredit) rientra proprio in quell’“area grigia” in cui il Core Tier 1 Ratio si attesta fra il 5 e il 7%.

Un livello che potrebbe scendere bruscamente se si prendesse in considerazione l’esposizione sui Paesi europei a rischio. L’istituto di credito cerca di gettare acqua sul fuoco: fa infatti sapere di aver ridotto, a partire dall’estate, la propria esposizione sui titoli italiani da 4,7 a 4 miliardi di euro e di aver dimezzato quella sulla Grecia (che ammontava a 1,2 miliardi). Ma, se questo non dovesse bastare e le voci delle ultime ore venissero confermate, un nuovo intervento pubblico potrebbe essere alle porte. E per l’esecutivo di Londra potrebbe essere molto difficile giustificare agli occhi dell’opinione pubblica un ulteriore esborso: sono passati solo tre anni dalla nazionalizzazione dell’istituto – costata ben 45 miliardi di sterline – che ha messo a dura prova le casse dello Stato.

Testo dal sito valori.it