La Spagna sul lastrico tenta riforme economiche totalmente inutili

Crescita economica, controllo e riduzione della spesa pubblica, modernizzazione dell’amministrazione, fine della «piaga della crescente disoccupazione», maggior peso internazionale, riforma del lavoro, della sanità e dell’educazione. In Spagna arriva il governo popolare e il futuro premier, Mariano Rajoy, annuncia al Congresso dei deputati il suo programma e la linea economica della X legislatura che sta per iniziare.

Al primo posto vengono le pensioni: no al blocco dell’indicizzazione, ha detto Rajoy, tornando sull’annuncio fatto già in campagna elettorale, da lui stesso definito «l’unico strappo che il nuovo governo si permetterà rispetto alla linea di riduzione delle spese». Per il resto la X legislatura spagnola si apre, almeno nel discorso programmatico, con l’austerità a dettare l’agenda, accompagnata, però da almeno 12 riforme. Una su tutte, la più importante, quella del lavoro.

Se le pensioni saranno indicizzate secondo l’inflazione del 2,9% prevista per l’anno prossimo, infatti, il governo Rajoy promette di sopprimere i prepensionamenti e ritardare il ritiro dal lavoro ai 65 anni d’età che salirà progressivamente fino ai 67 anni nel 2027. A questo si affianca la perdita del sussidio di disoccupazione durante gli ultimi anni di lavoro, un «mezzo troppo spesso usato come pensionamento anticipato», ha sottolineato il futuro premier. E al contrario di quanto avviene oggi, il calcolo pensionistico in Spagna si farà sull’ultimo lavoro svolto e non sull’intera traiettoria lavorativa.

Tra le riforme che l’esecutivo di Rajoy metterà nero su bianco nel primo decreto pronto già per il 30 dicembre, per mettere fine a quello che lui stesso ha definito un lungo periodo di transizione e quasi di vuoto normativo, la riforma del lavoro, prevista per il primo semestre 2012, la seconda negli ultimi due anni, dopo quella già approvata dal governo Zapatero. Al primo posto di quella popolare i cambiamenti del contratto collettivo: la priorità saranno gli accordi differenziati a seconda dell’impresa, del settore e non quelli territoriali.

Niente feste e più controlli per congedi di salute. Tutti i giorni festivi in Spagna a partire dal 2012 passeranno al lunedì, con l’obiettivo di rafforzare, ha spiegato Rajoy, la competitività tra le imprese. Per quanto riguarda l’assenteismo sul lavoro, invece, si metteranno in essere misure più dure di controllo, come d’altro canto si darà vita a nuove misure per la conciliazione della vita lavorativa con quella familiare.

Ma la vera piaga della Spagna è la disoccupazione, cui Rajoy ha accennato senza perdere tempo nell’incipit del suo discorso, sottolineando come negli ultimi quattro anni il Paese abbia visto diminuire 3,4 milioni di posti di lavoro. A questo proposito la riforma dei popolari è chiara: incentivi all’ingresso nel mondo del lavoro per gli under 30, abbonando alle imprese che li assumano il 100% dei contributi per l’intero primo anno di contratto, ma solo se si tratta del primo posto di lavoro.

Ma una delle misure più urgenti, suggerisce Rajoy è il decreto legge per limitare il deficit pubblico, che dovrà scendere al 4,4% (16,5 miliardi di euro) del Pil nel 2012 e a cui il nuovo governo promette di apporre la firma non appena si renderanno disponibili i dati definitivi relativi al deficit 2011. Da quel momento scatteranno per legge limiti di spesa e di indebitamento delle amministrazioni pubbliche e non solo di quella centrale. Si proibirà un deficit superiore allo 0,4% del Pil a partire dal 2020 per tutte le Amministrazioni e i popolari sono pronti a introdurre sanzioni contro le regioni autonome che non rispettino questi paletti. A questo si aggiungerà, se non bastasse, un patto volto a sottoscrivere e appoggiare il clima di “austerità e efficienza” della macchina pubblica.

Non soltanto economia, anche finanza. Tra le 12 riforme previste dal leader dei popolari, che mercoledì riceverà l’investitura come capo del governo, c’è anche quella finanziaria. Si mettono in sicurezza le banche con un piano di risanamento da condurre nei primi sei mesi dell’anno prossimo, per recuperare l’accesso al finanziamento e la ripresa delle erogazioni del credito alle imprese. Ma chi conosce un po’ la situazione spagnola sa che la crisi qui fa rima con casa: case acquistate e mai terminate di pagare, che nella gran maggioranza dei casi sono andate agli istituti finanziari. I quali, nonostante i “saldi” degli ultimi tempi, non riescono più a vendere e quindi a rifinanziarsi. Dall’anno prossimo Rajoy prevede la vendita degli immobili terminati con un’attualizzazione “prudente” del prezzo.

A seguire arriverà una seconda ondata di fusioni tra banche e casse di risparmio (dopo la prima voluta da Zapatero), cui seguirà, ha spiegato Rajoy, una necessaria seconda ondata di prestiti statali per la ristrutturazione dei nuovi istituti che nasceranno. Ma perché il settore bancario spagnolo possa uscire dalla “palude” nelle quale stagna dall’inizio della crisi, i popolari pensano ad una modifica del sistema di supervisione e regolamentazione della Banca centrale spagnola.

Promessa mantenuta, almeno per ora, quella riguardante le imposte. Niente aumento delle tasse, almeno fin quando non si normalizzerà l’economia, promette il leader dei popolari, che anticipa però misure in tal senso a partire già dai prossimi tre mesi. E a proposito di tasse propone: niente Iva se non a compimento della fattura si tratti di piccole e medie imprese o liberi professionisti. Per la casa, poi, i popolari mettono in cantiere nuovi aiuti, con la diminuzione dell’Iva sull’acquisto degli immobili, rinnovando così le agevolazioni volute da Zapatero in scadenza a fine anno.

La sanità e dell’educazione sono tra i punti più scottanti del programma Rajoy, dopo le recenti manifestazioni degli insegnanti e dei medici. La prima verrà sottoposta, per ogni regione autonoma, ad un tetto di spesa per i servizi di base, la seconda, invece, sarà oggetto di una vera e propria riforma che metterà in campo il bilinguismo inglese-spagnolo, una strategia nazionale di qualità dell’educazione, un processo meritocratico di accesso alla professione per gli insegnanti, e infine una riforma universitaria che accrediterà l’innovazione, l’eccellenza e l’internazionalizzazione del sistema.

Ma Rajoy non si lascia sfuggire il resto dell’apparato statale. Oltre ai tagli nella pubblica amministrazione, i prossimi anni di governo avranno l’obiettivo di riformare la trasparenza, il buon governo e l’accesso all’informazione, soprattutto per quanto riguarda la televisione pubblica e gli organi di controllo, in cui i popolari vogliono potenziare l’intervento del Congresso. Sul quale, oggi, vantano una maggioranza stracciante.

 

Articolo ripreso da linkiesta.it