La prescrizione dell’anatocismo bancario

Una delle questioni più controverse nelle cause riguardanti i contratti di conto corrente  attiene al rapporto tra anatocismo bancario e prescrizione. Come noto, in presenza di anatocismo bancario illegittimo, effettuato il relativo calcolo dell’anatocismo, il cliente ha diritto alla ripetizione dell’indebito costituito dagli interessi anatocistici capitalizzati trimestralmente.

Ma, se è vero che l’azione per l’accertamento della nullità di una clausola contrattuale non è soggetta a prescrizione, non è così per l’azione di ripetizione dell’indebito che spetterebbe al cliente ex art. 2033 c.c. in caso di accertamento di tale nullità: infatti, l’esercizio dell’azione di ripetizione dell’indebito è soggetto al termine di prescrizione di dieci anni.

L’aspetto più problematico e controverso in merito al rapporto tra anatocismo bancario e prescrizione attiene al momento di decorrenza della prescrizione stessa: mentre un certo orientamento spingeva perché la decorrenza del termine di prescrizione decorresse dal singolo versamento in conto, che rappresenterebbe un pagamento, una differente opinione indicava che il termine di prescrizione relativo alla ripetizione delle somme illegittimamente addebitate in conto come conseguenza dell’anatocismo bancario non potesse decorrere prima della chiusura del rapporto di conto corrente, stante la natura unitaria di tale rapporto in cui dare/avere si determinava solo al momento della chiusura.

Anatocismo bancario e prescrizione: il termine decorre dai singoli addebiti in conto?

Come anticipato, per un primo orientamento il termine di prescrizione dell’azione di ripetizione d’indebito derivante dall’anatocismo bancario, avrebbe decorrenza dal momento dell’addebito delle singole somme non dovute in conto.

In questo senso, ad esempio, sempre in tema di decorrenza della prescrizione, la sentenza Trib. Mantova, 2 febbraio 2009 aveva evidenziato come non vi sarebbe ragione “per non far decorrere dalla singola operazione di addebito illegittimo il termine prescrizionale per l’esercizio del diritto alla ripetizione, a nulla rilevando l’ignoranza del relativo diritto, così come il mutamento di precedenti giurisprudenziali, o dubbi di interpretazione di norme, trattandosi questi di impedimenti fattuali e non legali all’esercizio del diritto (cfr. Cass. 7.05.1996 n. 4235)”. Anche la sentenza Trib. Milano 31.8.10, n. 10350 esclude l’esistenza di una causa di sospensione della prescrizione in relazione all’anatocismo bancario, che per di più “non è introducibile surrettiziamente sulla base della configurazione unitaria del contratto di conto corrente”.

Anatocismo Bancario e Prescrizione: necessità di distinguere tra rimesse solutorie e ripristinatorie.

A dirimere il conflitto tra le diverse opinioni sopra ricordate in tema di anatocismo bancario e prescrizione è stata la sentenza a Sezioni Unite Cass. 2.12.2010 n. 24418.
Tale decisione, anzitutto, dal profilo generale ha confermato il diverso orientamento che si fonda sulla natura unitaria del conto corrente: per cui la regola generale è che la decorrenza della prescrizione dell’azione di ripetizione d’indebito che deriva dall’anatocismo bancario è solo dal momento di chiusura del conto corrente. Infatti “i rilievi che precedono sono sufficienti a convincere di come difficilmente possa essere condiviso il punto di vista della ricorrente, che, in casi del genere di quello in esame, vorrebbe individuare il dies a quo del decorso della prescrizione nella data di annotazione in conto di ogni singola posta di interessi illegittimamente addebitati dalla banca al correntista. L‘annotazione in conto di una siffatta posta comporta un incremento del debito del correntista, o una riduzione dei credito di cui egli ancora dispone, ma in nessun modo si risolve in un pagamento, nei termini sopra indicati: perone non vi corrisponde alcuna attività solutoria del correntista medesimo in favore della banca”. Con la conseguenza che “il termine di prescrizione decennale cui tale azione di ripetizione è soggetta decorre, qualora i versamenti eseguiti dal correntista in pendenza del rapporto abbiano avuto solo funzione ripristinatoria della provvista, dalla data in cui è stato estinto il saldo di chiusura del conto in cui gli interessi non dovuti sono stati registrati” (Cass. Sez. Un. 2.12.2010 n. 24418).

L’aspetto rilevante e spesso trascurato di tale decisione, però, attiene proprio alla distinzione tra rimesse solutorie e ripristinatorie: nel senso che la prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito derivante dall’anatocismo bancario, come si indica, ha decorrenza dalla chiusura del rapporto ma solo in relazione alle rimesse ripristinatorie, che non possono essere qualificate come un pagamento.

La distinzione tra le due tipologie di rimesse è fondata sul fatto che il versamento, nell’ipotesi di rimessa ripristinatoria, avviene quando il conto è in attivo o in passivo ma all’interno dell’affidamento concesso avendo dunque la funzione di riespandere la disponibilità del correntista. Mentre, nell’ipotesi di rimessa solutoria, il versamento avviene quando il conto è in passivo ed è privo di affidamento oppure, se affidato, ha un passivo superiore all’affidamento stesso, avendo dunque la funzione di estinguere il debito costituito dallo sconfinamento.

E la differenza rileva proprio dal profilo della prescrizione perché il versamento solutorio, per la parte che si può considerare tale, è un vero e proprio pagamento di un debito, non potendo essere considerato una di quelle movimentazioni riguardanti il conto corrente considerato come rapporto unitario. Infatti, i versamenti in conto “potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, tali da poter formare oggetto di ripetizione (ove risultino indebiti), in quanto abbiano avuto lo scopo e l’effetto di uno spostamento patrimoniale in favore della banca. Questo accadrà qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o, come in simili situazioni si preferisce dire “scoperto”) cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento” (Cass. Sez. Un. 2.12.2010 n. 24418).

In relazione ai versamenti solutori, quindi, il termine decennale di prescrizione dell’azione di ripetizione di indebito derivante dall’anatocismo bancario ha decorrenza dunque dal versamento stesso, costituendo appunto un pagamento.

 

Articolo ripreso dal blog avvocatoticozzi.it