Il 2013 e’ stato un anno zero per le imprese italiane e il 2014 sara’ anche peggio

Attendendo il rapporto integrale che CERVED pubblicherà presto ci si può soffermare sul lancio consegnato alle agenzie stampa che denuncia quanto il 2013 sia stato un anno orribile per le imprese.

MILANO – Il 2013 è stato uno degli anni più duri della crisi: fallimenti, procedure non fallimentari e liquidazioni volontarie hanno superato tutti i record negativi e complessivamente si contano 111mila chiusure aziendali, il 7,3% in più rispetto al 2012. Lo affermano dati Cerved consultati dall’ANSA: male l’industria, crolla il Nord Est.

Nell’intero 2013 si è registrato un boom dei concordati preventivi (+103% rispetto all’anno precedente) mentre per quel che riguarda i fallimenti anche nell’ultimo trimestre i fallimenti hanno proseguito la loro corsa con tassi a due cifre, portando il totale dell’anno oltre quota 14mila, il 12% in più rispetto al precedente massimo, toccato nel 2012. Secondo i dati del gruppo specializzato nell’analisi delle imprese e nella valutazione del rischio di credito consultati dall’ANSA, il fenomeno è in forte aumento in tutti i settori e in tutte le aree del Paese, riguardando anche segmenti in cui nel 2012 si erano manifestati timidi segnali di miglioramento come l’industria (fallimenti in calo del 4,5% nel 2012 rispetto al 2011 mentre ora sono in aumento del 12,9%) e il Nord Est (da -3,6% di ‘crack’ tra 2011 e 2012 a una crescita del 19,7%).

Nel 2013 si contano inoltre circa 3mila procedure concorsuali non fallimentari, il massimo da oltre un decennio e il 53,8% in più rispetto all’anno precedente. ”All’origine di questo boom vi è sicuramente l’introduzione del ‘concordato in bianco‘ – afferma l’amministratore delegato del Cerved, Gianandrea De Bernardis – che ha trovato ampio utilizzo” presso le aziende italiane: la procedura, che consente alle imprese di bloccare le azioni esecutive dei creditori in attesa di preparare un piano di risanamento, ha visto nell’intero 2013 più di 4.400 domande, ma nel terzo e quarto trimestre il numero di domande si è comunque fortemente ridotto, probabilmente a causa delle correzioni apportate a livello legislativo e, in particolare, all’introduzione della facoltà di nominare un commissario giudiziale che possa controllare la condotta del debitore anche nelle fasi di pre-ammissione.

L’anno scorso è stato ritoccato anche il record negativo delle liquidazioni volontarie: nel 2013 hanno chiuso l’attività in questo modo 94mila aziende, il 5,6% in più rispetto all’anno precedente, con un aumento del 7% tra le ‘vere’ società di capitale, cioè quelle che hanno depositato almeno un bilancio valido nel triennio precedente alla liquidazione. A livello territoriale i fallimenti mostrano una forte accelerazione in Emilia Romagna (+25%) e in Trentino Alto Adige (+21%) e un incremento a tassi a due cifre in Veneto (+16%) e in Friuli (+14%).

Questa la contabilità delle imprese distrutte, un fatto gelidamente statistico che, ignorando il dramma sociale delle famiglie di imprenditori, conferma mese dopo mese, anno dopo anno che la tanta agognata ripresa le nostre imprese in grande quantità non riusciranno a vederla perché sono cadute prima. Una contabilità che può aiutare chi vende servizi di protezione dal rischio del fallimento (informazioni commerciali, recupero credito) ma che purtroppo non ci consegna alcuna ricetta per salvare tutte le altre imprese che sono a rischio di chiusura.

I mali che aggrediscono la salute delle imprese non sono stati curati da nessuno: i pagamenti tra imprese continuano ad essere indecentemente lenti, l’arretrato della PA è stato smaltito solo in piccola parte, il credit-crunch bancario si è inasprito nel corso del 2013 e non ha alcuna prospettiva di finire nel 2014, fisco e costo del lavoro sono rimasti oppressivi, le misure a favore delle imprese poste dai governi Monti e Letta sono state acqua fresca o giacciono ancora bloccate in attesa di attuazione come la nuova Sabatini sugli investimenti. E allora prepariamoci a un’altra stagione di fallimenti, concordati e liquidazioni.

Il 2014 non si presenta con prospettive migliori, ricordando a tutti che la crisi finanziaria di un’impresa si prolunga per molti mesi anche dopo la (ipotetica) ripresa e giudicando insufficienti le misure che sono state sino ad oggi attivate a difesa dell’imprenditoria italiana.

 

Articolo parzialmente ripreso da Linoerblog.biz di F. Bolognini