Eugenio Benetazzo commento ottobre 2011 economia vicina al disastro finale

Anche se noi personalmente riteniamo che, dopo l’America e l’Europa sara’ la volta della Cina, con tutto quello che ne derivera’, ecco il sempre irriverente commento di Eugenio Benetazzo.

In questo momento di mercato, con notizie che sopraggiungono ogni giorno sempre più drammatiche da ogni fronte con richiami e smentite sul fronte istituzionale, bisogna mettersi in testa che non esiste più il safe heaven (ovvero il paradiso sicuro), quello che con ostinazione in molti continuano a richiedermi nella speranza di individuare una qualche sorta di “rifugio” per i loro risparmi. Come ho più volte ribadito esistono solo presunzioni di sicurezza per alcune forme di investimento, ma non certezze. Per questo motivo a chi è single e dispone ancora di rilevanti risorse finanziarie, consiglio di investire in un insieme di asset class, che trovate riportate sul titolo di questo redazionale, che dilagavano alla fine degli anni ottanta quando lo yuppismo era diventato l’unica religione professata dai giovani laureati in discipline economiche che inseguivano il sogno di arricchirsi velocemente grazie alle opportunità occupazionali del capitalismo rampante.
Il maxipiano di salvataggio di tremila miliardi proposto dal G20 con l’intento di ricapitalizzare le principali banche e consentire loro di sopportare il sempre più possibile default della Grecia ci porta a formulare due considerazioni: la prima è che non conviene a nessuno far fallire una o più banche di grandi dimensioni, i costi di qualsiasi salvataggio pertanto saranno sempre inferiori alle perdite economiche sostenute dai rispettivi paesi in caso di un crash finanziario. La seconda è che nessuno (autorità monetarie comprese) ancora ha ben presente quanto denaro si deve mettere definitivamente sul piatto per arginare il “worst case scenario”. Quindi per quanto vogliate industriarvi non vi è via d’uscita, siamo tutti destinati a perdere denaro in un modo o in un altro, per  l’inflazione, per una patrimoniale di salvataggio, per un prelievo coatto, per una contrazione di valore degli assets o per un default pilotato.
Non ci saranno franco svizzero, immobili, metalli preziosi, conti all’estero, obbligazioni o titoli di stato virtuosi che vi potranno salvare, ognuno di questi asset è destinato a subire le conseguenze nefaste che ci aspettano. Quello a cui dovete puntare per limitare i danni è cercare di costruire un portafoglio di asset class il più decorrelato possibile, nella speranza che dopo la tempesta finale alcune di queste possano trasformarsi in motori di performance per l’intero portafoglio. Personalmente credo molto in alcuni fondi flessibili e obbligazionari dinamici, confidando che i rispettivi gestori riescano a coprire parte delle perdite “hedgiandosi” con strumenti derivati o coperture finanziarie over the counter. L’importante comunque è essere preparati psicologicamente e non farne un dramma esistenziale. Per molti analisti il timore principale rimane un’inflazione galoppante che storicamente nelle epoche passate ha sempre salvato gli stati e scongiurato il peggio.
Al momento non ne abbiamo tuttavia visto ancora la comparsa complice tre fenomeni inusuali: in primis, il monte di denaro creato sino ad oggi tra USA ed Europa non è andato materialmente in circolo (quindi non ha aumentato la base monetaria) ma si è limitato a coprire le perdite di istituzioni bancarie, in secondo luogo, la cosiddetta “cineseria” (merci e beni di consumo durevoli) provenienti da Oriente ha calmierato verso il basso il prezzo del vivere quotidiano, infine come terzo elemento di lettura, il timore di una double dip unita alla percezione di un malessere socioeconomico sempre più diffuso ha portato il contribuente occidentale a risparmiare il più possibile e a limitare le sue smanie consumistiche, confidando di poter utilizzare i risparmi accantonati come un polmone finanziario in tempi di profonda turbolenza economica.
In definitiva il grado di tensione e rischio di sistema è ancora notevolmente accentuato con incognite da risolvere troppo complesse su molti fronti, nessuno riesce a formulare una exit strategy credibile per mettere fine all’incertezza e paura che regna sovrana senza produrre costi sociali e perdite riassorbibili velocemente: di certo non sarà un chilo d’oro, un conto in Svizzera, un fondo flessibile o un immobile di prestigio che ci salverà da questa epoca senza precedenti storici. Per sdrammatizzare il tono di quanto scritto e levandomi l’abito di economista mi viene da pensare che forse è questa la fine del mondo del tanto pubblicizzato calendario Maya ovvero la fine di un modo di concepire l’economia “only money and debt sensitive” che forse condurrà alla nascita di un nuovo pensiero economico, proprio come se quella attuale fosse solo uno stadio pupale transitorio di metamorfosi verso una nuova alba per gli operatori ed attori del mondo finanziario.

Ripreso dal blog su EugenioBenetazzo.com