Contrazione della crescita economica in Europa nel 2012

Eurolandia vivrà un’inevitabile contrazione dell’economia nel breve termine. Mario Draghi, a Berlino, dice chiaramente che la crisi non è finita.
Nel medio periodo, però, potranno mitigare gli effetti della crisi le riforme strutturali decise a Bruxelles. Cardine del discorso è poi il piano di Francoforte per rafforzare le banche europee, strette nella morsa della mancanza di capitale e delle difficoltà di procurarsi risorse.
Le parole del presidente arrivano a poche ore dalla pubblicazione del bollettino della Bce che, come annunciato, taglia le stime di crescita per l’eurozona: il pil di Eurolandia crescerà tra l’1,5 e l’1,7% nel 2011, tra il -0,4 e l’1% nel 2012 e tra lo 0,3 e il 2,3% nel 2013. Rispetto alle proiezioni di settembre, l’intervallo per il 2011 risulta infatti «più ristretto, mentre quello per il 2012 è stato modificato al ribasso in misura significativa» (tre mesi fa la forchetta era fra 0,4% e 2,2%). Il discorso di Draghi però sottolinea i punti decisivi sui cui si dovrà insistere, nei prossimi mesi, per uscire dalla crisi.
La premessa del presidente italiano, al suo primo discorso in qualità di numero uno della Bce nella capitale tedesca, è però l’eredità ricevuta da Ludwig Erhard, che dà il nome alla prolusione tenuta alla Frankfurter Allgemeine Zeitung: l’indipendenza della banca centrale per garantire la stabilità dei prezzi. Rassicurata la platea sul fatto di parlare un linguaggio “comune”, Draghi ha fornito una chiave di lettura delle misure decise a Francoforte la settimana scorsa dal consiglio direttivo della Bce. Le decisioni prese a Bruxelles, ha poi aggiunto commentando l’ultimo vertice dei 27 Paesi membri dell’Ue, vanno nella direzione giusta per rendere più robusta la credibilità dell’eurozona.
«Le banche sono sottoposte a una notevole pressione per mancanza di capitale e per la condizioni del funding», ha detto affrontando il tema cruciale del suo intervento alla Faz, dove era presenta anche il ministro delle Finanze Wolfgang Schaebule.
La spinta alla ricapitalizzazione «non è un processo semplice», ha spiegato, sottolineando che questa passa per tre opzioni, «l’aumento di capitale, la vendita degli asset, e la riduzione del credito».
«La prima opzione è migliore della seconda, e la seconda è molto meglio della terza», ha aggiunto, invitando le banche ad evitare una riduzione del credito all’economia reale».
Spiegando le decisioni prese a Francoforte, con il taglio del tasso di interesse di altri 25 punti base – all’1% – Draghi ha sottolineato che questa misura nelle condizioni attuali ha un impatto più debole del solito. In questa chiave si leggono le altre misure prese l’8 dicembre, come le aste a 36 mesi a tasso fisso e i fondi disponibili senza limiti per le banche.
Draghi si è poi soffermato sugli esiti del vertice europeo di Bruxelles, che ha incassato la sua approvazione: «Prese nel loro insieme penso che queste decisioni sono in grado di rendere la finanze pubbliche dell’area euro credibilmente robuste», ha detto citando le riforme strutturali della crescita, «troppo a lungo procrastinate dagli Stati europei», il patto di bilancio e il meccanismo di sanzione automatica per chi devia dalle regole. «Gli investitori però devono anche esser rassicurati del fatto che i debiti saranno onorati. La Grecia rimarrà un caso unico», ha detto ancora. A questo proposito è necessario il “firewall”, «per combattere le minacce alla stabilità finanziaria e al rischio di contagio» fra diversi mercati del debito sovrano. «Ed è cruciale – ha concluso – che il fondo Efsf sia operativo a pieno regime il prima possibile».
Testo ripreso da gazzettadelsud.it