Come trattare con le banche per rilevare un immobile

Le banche non amano le aste. L’affermazione, apparentemente paradossale, ha una motivazione, che vedrò di chiarire con un esempio.

Siete una banca e avete prestato a Tizio 100.000 euro per acquistare un immobile, con l’accordo che vi restituirà l’importo in dieci anni e, a garanzia del vostro credito, avete iscritto ipoteca sull’immobile. Tutto regolare. Tizio vi paga le sue brave rate mensili ma, giunto a 30.000 euro, interrompe i pagamenti. Trascorre qualche tempo durante il quale inviate lettere di sollecito, iscrivete un pignoramento sull’immobile, avete incontrato Tizio per definire eventuali modalità di rientro; non accade nulla, però avete sostenuto delle spese legali, oltre all’onere finanziario del credito sin qui non incassato ed al fatto che non potete reinvestire i 70mila euro in altre operazioni finanziarie.

Avete inoltre versato in un apposito fondo rischi tenuto presso la Banca d’Italia una somma proporzionale all’entità del vostro credito, che aumenterà proporzionalmente all’anzianità ed all’esigibilità del credito stesso. Diciamo che, oltre a non aver incassato i 70mila euro residui, ne avete spesi non meno di 2.500.

Una volta giunti alla determinazione che il credito non è recuperabile attivate la procedura che porterà l’immobile ad essere venduto all’asta: gli avvocati del vostro ufficio legale prepareranno l’istanza, che il tribunale accoglierà nominando un custode giudiziario del bene, che a sua volta nominerà un perito che valuterà il bene. Diciamo che tutto questo ha un costo, quantificabile grosso modo in 5.000 euro che qualcuno dovrà pagare, e intanto il tempo passa ed i vostri oneri finanziari aumentano.

Immaginiamo che il tribunale competente per l’esecuzione sia quello di una città di medie dimensioni: l’asta avrà luogo dopo soli due anni dall’insorgenza del contenzioso. Il perito ha però dichiarato che l’immobile, a causa del mutato scenario economico e sociale rispetto a quando voi ne avete finanziato l’acquisto, non vale più 100.000 euro, bensì 87.500, e il giudice fissa tale valore come base d’asta.
Iniziamo a fare un po’ di conti: 87.500-5.000-2.500 = 80.000 dai quali andranno tolti alcuni oneri procedurali ed il solito costo finanziario: mi sa che siete già in perdita… ma andiamo avanti.

L’asta va deserta e il giudice ne fissa una seconda, dopo un anno e con un ribasso del quarto, vale a dire 87.500-21.875 = 65.625. Questa volta l’immobile viene aggiudicato: non siete una banca fortunata, siete in Matrix e questo è solo un esempio, in realtà non va quasi mai così. Comunque facciamo finta che vi vada bene al secondo colpo e rifacciamo i conti: 65.625-5.000-2.500 = 58.125 – 70.000 = -11.875 avete già perso il 17% del vostro credito residuo, senza contare le ulteriori spese per la procedura ed il solito costo finanziario.

Anche il vostro debitore non se la passa bene: non ha più l’immobile ma il ricavato non è stato sufficiente a soddisfare il debito, perciò qualcuno – voi compresi – lo rincorrerà fintanto che non avrà onorato il residuo. Il risultato pratico è che da quel giorno Tizio si muoverà in nero, non avrà nulla di intestato, nemmeno un conto corrente. E nè voi né altri porterete a casa un centesimo.

Torniamo quindi a voi ed ai vostri 58.125 euro residui, che più verosimilmente si saranno ridotti a 53.000 scarsi: credete di rivederli immediatamente dopo la conclusione della procedura? Negativo. Se sarete fortunati li riavrete dopo un anno, mese più mese meno, senza interessi è ovvio, anzi c’è il rischio che – come hanno provato a fare alcuni tribunali – vi venga chiesta un’indennità per custodia valori.
Beh, che dire? Questa volta vi è andata male, del resto da buona banca lo avevate previsto, è per quella ragione che a livello interbancario avete stabilito il deposito sul fondo rischi tenuto presso la Banca d’Italia.

Ma anche al vostro interno avete definito una alea di rischio, sulla base dell’esperienza vostra e delle banche vostre colleghe/concorrenti e delle norme di legge, provvedendo con apposite poste di bilancio. Non da ultimo, quando avete concesso a Tizio il mutuo di 100.000 euro, per effetto dell’unità di misura con la quale avete effettuato i conteggi, le prime rate coprivano proprio l’onere finanziario, vale a dire il vostro guadagno. Quindi, diciamocelo francamente, non è che ci avete proprio rimesso…

Esaurito questo siparietto, propongo un’altra affermazione: cosa sarebbe accaduto se io, sulla scorta della perizia da 87.500 euro ed in base alla conoscenza del residuo debito pari a 70.000 fossi andato direttamente alla banca creditrice ed avessi offerto, poniamo, 40.000 euro per acquisire l’immobile? Probabilmente mi avrebbero riso in faccia, ma a 47.500 avrebbero accettato.

L’accettazione della mia offerta mi avrebbe consentito di by-passare l’asta, entrando in possesso di un immobile privo di qualsiasi trascrizione o vincolo ipotecario, ed avrebbe cancellato la procedura con qualsiasi onere afferente. Il debitore, anziché rimanere espropriato ed ancora con i debiti, sarebbe tornato in bonis, e magari avrebbe avuto da me un’elargizione di, poniamo, 5.000 euro che gli avrebbero fatto comodo, in cambio dell’accettazione della mia offerta. Non sto parlando di mance, o mazzette: tutto legale, tutto regolare, tutto registrato.

Dov’è la differenza? Per il debitore, che ha risolto i suoi problemi. Per la banca, che a fronte di una perdita comunque inevitabile, ha circoscritto i danni, limitando sensibilmente il tempo di esposizione ed evitando di sobbarcarsi costi aggiuntivi non definibili con certezza soprattutto in ordine al fattore tempo.

In queste righe non ho fatto altro che tracciare un’ipotetica azione di negoziazione a saldo e stralcio ad effetto immediato. Esiste anche un’altra possibilità, che più oltre descrivo brevemente e che costituisce il nerbo dell’attività da me effettivamente svolta.

La negoziazione a saldo e stralcio è, in ogni caso, una procedura che non ha bisogno di soggiacere a pastoie, bizantinismi e umori, basandosi su quella politica del fare che, con poche ma essenziali regole, informa l’imprenditoria e la finanza sane, quelle alle quali la burocrazia di stampo sovietico sta stretta e che abbisogna solamente delle circa cinquemila leggi essenziali alla regolamentazione del consorzio civile, e non sa cosa farsene delle altre circa 150mila che si sovrappongono e si contraddicono, per alimentare un clima dove l’incertezza è prodromica al sopruso.

Detto in estrema sintesi il sistema funziona così: mi piace un immobile, ritengo che il suo valore sia inferiore al prezzo fissato a base d’asta, o semplicemente ritengo di fare un buon affare; mi presento alla banca creditrice e formulo un’offerta. O viene accettata o non viene accettata. Punto. Finito.

Se viene accettata, anche dal debitore esecutato al cui convincimento pensa la banca, verso un deposito cauzionale che può variare dal 5 al 30 per cento dell’importo negoziato. Esaurite le necessarie incombenze e fissato l’appuntamento con il notaio si stila l’atto di compravendita (un normale rogito anziché un’assegnazione da parte del tribunale, ed anche questo ha la sua importanza per l’immagine dell’esecutato) e si salda il prezzo.

In alternativa al rogito, e con un intento meramente speculativo, posso chiedere di poter assumere l’onere di acquisire il debito per un periodo di tempo prefissato, alla scadenza del quale o ho individuato un acquirente oppure devo acquistare l’immobile. Generalmente il tempo concesso varia da sei mesi a due anni, dipende da tutta una serie di fattori: abusi edilizi, riqualificazione ubranistica dell’immobile, verifica dell’esistenza di provvidenze pubbliche.

Nel frattempo individuo un acquirente, cedo l’immobile e si stipula l’atto di compravendita. Naturalmente l’immobile viene ceduto libero da qualsiasi vincolo o trascrizione pregiudizievole.

Alberto C. Steiner