Altri paesi in difficolta’ e vicini al default del debito pubblico

L’Ungheria è uno degli stati europei che rischia il default. L’ultimo degli episodi che ha segnato la crisi ungherese è stato il fallimento della compagnia aerea Malev. È un paese in ginocchio e ha fatto scalpore la provocazione del governatore Simor della banca centrale ungherese affermando di voler essere pagato solo un fiorino al mese ( per intenderci 1 € equivale a circa 285 fiorini!).

Secondo Bruxelles, fin dal 2004 l’Ungheria è in condizione di violazione dei parametri del trattato di  Maastricht sul deficit e il debito pubblico, rispettivamente il primo è sopra i tetti massimi enunciati nel trattato, il secondo è all’80 % del PIL con previsioni di aumento e la crescita si preannuncia negativa.

 La situazione generale è critica perché il governo non reagisce e non facilita le condizioni di vita. Secondo i politici la colpa ricadrebbe su Bruxelles, mettendo così a rischio la concessione del credito di 15-20 miliardi stabiliti dall’UE e FMI, senza i quali lo stato rischia il default.

Nonostante Budapest non sia un paese dell’Eurozona, un suo crollo avrebbe conseguenze gravi sia nei paesi che ne fanno parte, sia nei paesi di successo dell’Europa orientale come Polonia (tema trattato in precedenza), Repubblica Ceca e Slovacchia. Ulteriori problemi potrebbero essere causati anche alle banche occidentali fortemente esposte in Ungheria, in particolar modo quelle austriache: sarebbe una reazione a catena che non risparmierebbe nessuno. Inoltre il premier locale non sembra interessarsi a questa particolare situazione e soprattutto afferma di non credere nel disegno d’integrazione dell’UE, causando così reazione disastrose sui mercati.

Di conseguenza il governo ha dovuto ammettere che il Paese è in recessione e ha annunciato una serie di misure di austerità per controbilanciare l’effetto della mancata crescita sui conti pubblici e per mantenere il deficit sotto l’obiettivo del tre per cento del PIL fino al 2014. Questa decisione era necessaria alla luce del fatto che l’Ungheria segnerà una crescita negativa dell’1,2% nel 2012, nonostante la previsione di una crescita dello 0,1% e stimando una riduzione della crescita del PIL nel 2013 dall’1,6% all’1,0%.

L’obiettivo di deficit 2012 è stato aumentato dal 2,5% al 2,7% e per il 2013 dal 2,2% al 2,7%. Per garantire il raggiungimento dell’obiettivo, sono previste spese per 133 miliardi di fiorini (466 milioni di euro) che verranno congelate dal budget di quest’anno. Per il 2013 il governo programma risparmi per 397 miliardi di fiorini.  L’inflazione ungherese infine è stabilmente sopra il 5,0% da inizio anno a seguito di un aumento dell’iva al 27%, l’aliquota più alta nella Ue. Per l’intero 2012 il governo stima un’inflazione al 4,2%, analisti e banca centrale invece tra il 5 e il 6 %.

Anche analizzando la situazione macroeconomica mondiale, gli indicatori a breve termine riflettono un rallentamento della crescita economica: potrebbe accelerare nel 2013 ma i rischi continuano ad essere elevati  soprattutto a causa dell’escalation della crisi del debito nella zona euro e i persistenti prezzi elevati del petrolio che rappresentano un rischio al ribasso per la crescita globale.

Come abbiamo annunciato precedentemente parlando dei paesi dell’Europa dell’est, la crescita è stata registrata solo in alcuni essi, quali la Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Slovacchia mentre continua “l’aggiustamento di bilancio” nell’area dell’euro. Questa crisi dell’area euro è causa della recessione e del rallentamento della domanda estera dell’Ungheria e quindi delle esportazioni di questo stato, dato che l’Europa è il principale mercato di riferimento.

 

Articolo ripreso dal sito beta-factor.it